Fotoprotezione: novità in arrivo

Tra gli argomenti “caldi” del Congresso dell’American Academy of Dermatology 2022 di Boston c’è stata anche la fotoprotezione. Un tema sempre molto attuale e su cui si stanno polarizzando diversi studi, allo scopo di formulare prodotti solari sempre più sicuri ed efficaci. L’attenzione dei ricercatori è rivolta in particolare alla luce visibile e ai possibili danni che può arrecare alla pelle.

Un nuovo studio sulla fotoprotezione

«A Boston io e il dottor Andrea Paro Vidolin abbiamo avuto l’occasione di instaurare una collaborazione con una azienda di creme anti solari per condurre uno studio sulla prevenzione delle fotodermatosi, o luciti, indicate comunemente con il termine “eritema”» spiega il dottor Giovanni Leone. Si tratta di quelle intolleranze causate dalla luce del sole che affliggono buona parte della popolazione, soprattutto di sesso femminile e che si manifestano alle prime esposizioni con prurito, eruzioni bollose, vescicole.

Effettueremo uno studio osservazionale sui nostri pazienti con un nuovissimo prodotto anti solare, la cui formula contiene una protezione anche per le lunghezza d’onda della luce visibile. Attraverso la compilazione di schede e questionari, valuteremo l’andamento dell’esposizione durante il periodo estivo con l’utilizzo del nuovo prodotto, confrontandolo con le creme in cui non c’è protezione dalla luce visibile».

Luce visibile: perché la fotoprotezione è necessaria

La luce visibile (VL) comprende circa il 50% della radiazione elettromagnetica che raggiunge la superficie terrestre e le ricerche finora svolte hanno dimostrato che le lunghezze d’onda più corte di VL, in particolare la cosiddetta luce blu, specie se in associazione agli UVA, inducono effetti di fotoinvecchiamento simili a quelli causati dalle radiazioni ultraviolette. Tra questi eritema, infiammazione, aumento della formazione di radicali liberi e alterazioni della matrice extracellulare, ossia dello spazio tra cellula e cellula. Inoltre producono alterazioni della pigmentazione, soprattutto nei fototipi più scuri, inducendo o peggiorando manifestazioni cutanee come il melasma. La luce visibile, infatti, sembra incrementare la produzione di particolari enzimi, le metalloproteinasi, che distruggono il collagene e aumentano la liberazione di citochine con effetto infiammatorio.

I limiti delle normali creme solari

Fino a poco tempo fa le aziende produttrici di creme solari hanno puntato a fornire una protezione contro gli UVA e UVB, ma i filtri solari ad ampio spettro non proteggono adeguatamente dalla luce visibile. Si è visto poi che le formule arricchite di filtri inorganici, ossia minerali, sono in grado di riflettere anche la luce visibile, ma questo accade solo in minima parte. Questo perché i filtri inorganici, come ossido di zinco e biossido di titanio, sono utilizzati generalmente sotto forma di nanoparticelle nei solari per ridurre al minimo l’aspetto gessoso e bianco della pelle.

Ma proprio in quanto costituiti da particelle di minime dimensioni, non riflettono e quindi non proteggono abbastanza dalla luce visibile. Affinché un solare protegga da queste lunghezze d’onda, insomma, deve rimanere visibile sulla pelle. Alcuni prodotti hanno così integrato la loro formula di particolari attivi antiossidanti che sembrano avere un’azione specifica contro i danni creati dalla luce visibile.

Cosa dicono gli ultimi studi

Una revisione delle creme solari arricchite di pigmenti colorati – e quindi visibili- e pubblicata nel 2020 sul Journal of American Academy of Dermatology, ha esaminato i loro molteplici vantaggi. Utilizzando quantità variabili di ossido di ferro e biossido di titanio è possibile creare varie tonalità per adattarsi ai vari fototipi. La recensione ha anche affermato che la protezione solare colorata è utile per proteggere da fenomeni di iperpigmentazione come il melasma.

Un altro studio condotto dal Dipartimento di Dermatologia del MedCin Clinical Research Center, Osasco, Brasile, pubblicato nel 2019, ha analizzato 33 prodotti per la protezione solare disponibili in quel paese; 17 contenevano pigmenti e 16 non ne avevano. Si è scoperto che i prodotti creati con i pigmenti mostravano un valore di protezione più elevato contro la luce visibile rispetto ai prodotti senza biossido di ferro.

 

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