Fototerapia e terapia fotodinamica (PDT): sono questi i gold standard per la cura dell’acne, disturbo dermatologico tra i più comuni in età adolescenziale. La patologia infiammatoria, cronica e recidivante, si manifesta con la formazione di papule, pustole o comedoni sul viso, ma anche in alcune zone del corpo tra cui petto, spalle e dorso
Ad entrare in gioco nella genesi dell’acne è il batterio Propionibacterium acnes, naturalmente presente sull’epidermide, che in caso di produzione eccessiva di sebo genera l’infiammazione. Entrambe le terapie sono un valido supporto per intervenire sulle manifestazioni della patologia in maniera non invasiva. La scelta dipende dalla gravità del quadro clinico e dall’apparecchiatura di cui si dispone.
Curare l’acne con la luce
«In linea generale, si imiega la fototerapia nei casi di acne lieve e moderata, come quella comedonica, caratterizzata da ritenzione di sebo e follicoli. – spiega il dermatologo Giovanni Leone – Si consiglia la PDT invece in un quadro di acne grave come quella nodulo-cistica pustolosa. Elementi comuni della fototerapia e della PDT nella cura dell’acne, sono la non invasività, la buona tollerabilità e i validi risultati. Oltre all’impiego della luce come funzione antinfiammatoria».
Più recentemente, secondo quanto riportato da PubMed, sono stati utilizzati trattamenti basati sulla radiofrequenza al fine di migliorare le cicatrici da acne, con tempi di inattività inferiori rispetto ai laser o ai peeling chimici e con capacità di intervenire su tipi di pelle più scuri e a minor rischio di cicatrici o iperpigmentazione.
La differenza tra fototerapia e PDT
Seppur simili, le due modalità terapeutiche presentano differenze sostanziali. La PDT consiste nell’applicazione di una crema farmacologica sulla pelle lesionata. Grazie alla successiva irradiazione di una luce rossa o blu questa è in grado di distruggere le cellule dell’epidermide patologiche e favorire la sostituzione con cellule nuove. «Come per le cheratosi attiniche, la crema viene lasciata sulla pelle per circa un’ora e mezza. – continua Leone – Una volta assorbita si irradia con la luce e si attiva il fotosensibilizzante specifico, di solito l’acido deltaminolevulinico o l’aminolevulinato».
Per quanto il meccanismo di azione che porta al successo terapeutico non sia del tutto noto, si ipotizza che la luce rossa attivi il farmaco provocando una reazione fototossica che, senza danneggiare le cellule circostanti, determina un danno alla ghiandola sebacea. Questo porta alla conseguente riduzione della secrezione sebacea, all’inattivazione del Propionibacterium acnes e alla diminuzione della ipercheratosi follicolare.
«Proprio a seguito dell’impiego del farmaco fotosensibilizzante, l’azione della PDT risulta più marcata e questo consente di avere risultati più significativi in 2 massimo 3 sedute, eseguite a distanza di un mese, un mese e mezzo una dall’altra» aggiunge il dermatologo. La fototerapia invece impiega la luce, in particolare quella led multilunghezza d’onda blu, in maniera esclusiva, con un effetto nell’attivazione di prodotti endogeni interni. Alla fine di un ciclo di fototerapia nella cura dell’acne si evidenziano una diminuzione nella produzione di sebo, un rallentamento della proliferazione batterica e un significativo miglioramento delle lesioni.
Risultati delle due terapie e controindicazioni
Entrambe le metodiche sono sicure e soddisfacenti nel trattamento dell’acne. «Tuttavia, trattandosi di coadiuvanti, il risultato non è mai totale né risolutivo, ma va associato a terapie topiche e antibiotiche» sottolinea l’esperto. I pro della terapia vanno attribuiti all’efficacia in molte condizioni e al basso rischio di effetti collaterali rispetto ad altri trattamenti. Soprattutto, la fototerapia è più versatile e consente, a differenza della PDT, di associare alle sedute l’impiego di farmaci, in particolare tetracicline, e di retinoidi per uso topico, creando così un protocollo completo.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali, «non ci sono esiti cicatriziali e tossicità. – conclude Leone – L’unico inconveniente è un leggero arrossamento della cute, talvolta associato a bruciore o eritema, e in rari casi la comparsa di croste, ma tutti effetti tollerabili e transitori, soprattutto non sistemici».