Macchie bianche sulla superficie cutanea e una sensazione di prurito: sono questi i segnali associati alla vitiligine, una malattia dermatologica autoimmune causata dalla mancanza di melanina, responsabile del colore che assume. Nel mondo colpisce circa 1 milione di persone, con una predominanza di casi tra le donne. Ci si accorge della vitiligine soprattutto in estate durante l’esposizione al sole, in quanto il contrasto tra la pelle sana e le chiazze bianche sulla superficie cutanea appare più evidente.
Più la pelle è pigmentata, più la patologia è evidente. «In un soggetto di razza scura e in uno di razza caustica la malattia ha un impatto diverso, che è strettamente correlato al colore della pelle. – sottolinea il dermatologo Andrea Paro Vidolin – Un fototipo chiaro che non si espone al sole e protegge la pelle lo nota meno da un punto di vista estetico, mentre in un fototipo scuro la differenza è più evidente».
Le zone più predisposte a sviluppare la vitiligine sono quelle di viso, occhi, bocca, cavi ascellari, gomiti, ginocchia, ma anche le regioni acrali dunque mani, piedi, polsi e caviglie, e inguinali.
Le forme di vitiligine e l’insorgenza della malattia
Tre sono le forme di vitiligine: focale, quando la depigmentazione è circoscritta a una zona o poco più, segmentale, se le chiazze interessano un solo lato del corpo, e generalizzata, la più frequente, che interessa in modo simmetrico ambo i lati del corpo. Circa la patogenesi della malattia risulta un’acclarata predisposizione genetica.
Secondo quanto riportato da una ricerca condotta per arrivare a una comprensione dettagliata dell’architettura genetica della vitiligine, circa l’80% del rischio di malattia è attribuibile a fattori genetici, mentre il 20% è attribuibile all’ambiente. Nel 50% dei casi circa la vitiligine si sviluppa prima dei 20 anni d’età, ma nei giovani che ne soffrono sin dall’infanzia, la superficie corporea colpita dalla malattia è meno del 10%.
«Statisticamente il periodo in cui si manifesta maggiormente la vitiligine è l’adolescenza, ma si può sviluppare anche più avanti con l’età in seguito a problematiche patologiche, come la tiroidite cronica autoimmune e celiachia, per via dello stress o di altre situazioni di cui oggi non siamo ancora a conoscenza» spiega Vidolin. Si tratta dunque di un disturbo primitivo acquisito, poligenico e multifattoriale.
La diagnosi di vitiligine
La diagnosi di vitiligine si basa su un esame obiettivo, un’anamnesi ed alcuni esami specifici di laboratorio. «Il primo passo per capire se un paziente ha la vitiligine è quello di fare una visita dermatologica con la lampada di Wood che è in grado di evidenziare le chiazze bianche per via di una fluorescenza particolare» continua il dermatologo.
Tra i fattori diagnostici importanti vi sono la storia familiare di vitiligine o di malattie autoimmuni, le eruzioni cutanee, le ustioni solari o altri traumi della pelle precedenti l’insorgenza della depigmentazione. «Fondamentale è bloccare l’avanzamento della patologia, stabilizzandola e attivando la pigmentazione delle zone colpite» precisa l’esperto.
La terapia contro la vitiligine
La terapia dipende sia dalla fase della malattia, quindi esordio, progressione, quiescenza, sia dall’età del paziente. Tra le metodiche più efficaci che contribuiscono alla ripigmentazione delle chiazze di vitiligine vi sono la fototerapia localizzata Uvb a banda stretta e/o laser ad eccimeri.
«Naturalmente il trattamento deve associarsi ad antiossidanti e a terapie topiche basate su creme a base di corticosteroidi e farmaci immunomodulanti, come il Ruxolitinib, in uscita a fine anno, che sembra avere ottimi risultati».
Nel caso di pazienti che non rispondono alla fototerapia, si interviene con la chirurgia attraverso il trapianto autologo di sospensione cellulare epidermica. Tale soluzione terapeutica è vantaggiosa nel caso di minore stabilità della malattia e consiste in un trasferimento di cellule della pelle, prelevate in una zona normalmente pigmentata, verso un’altra zona del corpo che presenta un difetto di pigmentazione.