Qual è l’origine della vitiligine? Una domanda, questa, a cui oggi nessuno è ancora in grado di dare una risposta precisa. Se infatti da un lato sappiamo che la causa delle “classiche” macchie bianche tipiche della malattia è la mancanza di melanina (il pigmento prodotto dai melanociti che dona il nostro colore naturale alla pelle), d’altra parte non è ancora chiaro perché questo avvenga.
Tuttavia, alcuni fattori autoimmuni o ereditari possono scatenare o favorire l’insorgere della vitiligine. Ne sono esempi la tiroidite autoimmune, il diabete mellito tipo 1 o l’anemia perniciosa. Una seconda ipotesi di causa della vitiligine riguarda il metabolismo: parliamo di stress ossidativo e di accumulo dei radicali liberi e perossido di idrogeno, fattori che si presume possano avere interferenze negative con la melanina. Anche gli eventi stressanti, che rientrano quindi nel campo dello stress psicologico o fisico, sono considerati attivatori della patologia.
Lo stress ossidativo come fattore principale della malattia
Tra le varie ipotesi proposte per la patogenesi della vitiligine, la risposta immunitaria indotta dallo stress ossidativo che porta alla morte dei melanociti rimane quella più ampiamente accettata.
«In soggetti predisposti, i radicali liberi e le specie reattive dell’ossigeno potrebbero danneggiare e portare a morte i melanociti. – spiega il dermatologo Giovanni Leone – La distruzione dei melanociti dovuta allo stress ossidativo avviene però solo in individui predisposti per cui si presuppone che alla base di tutto ci sia una predisposizione genetica alla comparsa di vitiligine».
Nel dettaglio, lo stress ossidativo che causa livelli elevati di specie reattive dell’ossigeno (ROS) può portare alla disfunzione di molecole e organelli, innescando un’ulteriore risposta immunitaria e la morte dei melanociti. Una recentissima ricerca pubblicata da PubMed evidenzia come la stimolazione persistente dei ROS potrebbe portare ad un’eccessiva attivazione della via antiossidante Nrf2, che a sua volta inattiverà l’autofagia.
Un integratore come trattamento complementare della vitiligine
Nella vitiligine, le cellule della pelle mostrano livelli più elevati di stress ossidativo che provocano la distruzione dei melanociti, le cellule che producono la melanina per la protezione della pelle dai raggi ultravioletti. Da questa consapevolezza nasce GLISODIN, un innovativo nutraceutico a base vegetale clinicamente testato per riparare i danni causati dallo stress ossidativo. Gli stessi che comportano come conseguenza disturbi alla salute e alla pigmentazione della pelle.
La sua forza deriva dalla combinazione di un estratto prelevato da un particolare melone ricco di superossidodismutasi (SOD) e dalla Gliadina, proteina del grano. Insieme questi composti agiscono da barriera protettiva.
Uno studio clinico condotto su 50 pazienti per un arco temporale di 6 mesi ha dimostrato una crescita del 50% in più della ripigmentazione nel trattamento associato di V-SOD e foto-terapia con UVB, rispetto all’utilizzo di terapia con solo UVB, nei pazienti affetti da vitiligine.
«Se ne deduce che la somministrazione prolungata di questo integratore naturale a base di V-SOD può migliorare notevolmente i risultati di un ciclo di trattamento con la fototerapia UVB a banda stretta. L’elevata efficacia e l’assenza di effetti collaterali contribuiscono a rendere questo prodotto uno dei più validi ed innovativi trattamenti complementari per la vitiligine» conclude il dermatologo Leone.
A chi è consigliata l’assunzione dell’integratore
A chi è consigliato questo integratore alimentare? Secondo le più recenti evidenze, alle persone con depigmentazione cutanea che si stanno sottoponendo a un trattamento dermatologico per la vitiligine. La SOD è infatti impiegata come integrazione per migliorare e combattere le condizioni correlate allo stress ossidativo e antinfiammatorie. Inoltre, può rappresentare un valido aiuto nella protezione del DNA e un efficace supporto per contrastare l’eccesso di produzione di ROS (radicali liberi dell’ossigeno) dovuti all’attività fisica.