
La cheratosi attinica (AK) è una malattia cronica della pelle causata dall’effetto cumulativo dell’esposizione ai raggi ultravioletti in cui più lesioni cliniche e subcliniche. L’area in cui sono concentrate le lesioni corrispondono alle parti del corpo più esposte al sole e si definisce “campo di cancerizzazione”.
Questa patologia è nota infatti anche come cheratosi solare e rappresenta una delle diagnosi più comuni gestite dai dermatologi; la sua incidenza è in continuo aumento, specie tra gli anziani e gli adulti di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Tra i principali fattori di rischio, oltre ad un’eccessiva esposizione al sole, sono da considerarsi anche la storia di scottature solari, la pelle chiara, l’età avanzata, insieme al sesso e all’immunosoppressione.
Come e dove si manifesta la cheratosi attinica
La cheratosi attinica si manifesta inizialmente come una piccola macchia di colore rosa o rosso , generalmente su viso, cuoio capelluto, collo, mani e avambracci.. La macchia può essere piana o con uno spessore, può essere ricoperta da squame o croste che modificano il colore della pelle in bruno-rossastro. Queste lesioni possono provocare prurito o bruciore oppure essere del tutto asintomatiche.
In dermatologia la cheratosi attinica è classificata secondo il grado di severità:
- grado I, le lesioni sono leggermente palpabili (più palpabili che visibili)
- grado II, le lesioni hanno uno spessore maggiore e sono facilmente riconoscibili alla vista
- grado III, le lesioni presentano uno spessore importante, possono presentare squame e croste e sono facilmente visibili
La prevenzione
Sebbene la probabilità di progressione verso la malignità di una lesione individuale rimanga molto bassa, la prevenzione gioca un ruolo importante nel trattamento delle cheratosi attiniche e si basa principalmente sull’uso continuo di creme solari, insieme ad indumenti protettivi. «Diversi studi in letteratura scientifica dimostrano che con l’uso di creme solari specifiche ad alta protezione, ma soprattutto di quelli che vengono chiamati dispositivi medici, è possibile ottenere una prevenzione a lungo termine delle cheratosi attiniche. – spiega il dottor Giovanni Leone – Ovviamente a tutto questo va associato il discorso della protezione con vestiti, cappelli, occhiali da sole ecc. nelle ore più calde, specie in chi svolge un lavoro all’aria aperta, oltre al rispetto delle regole durante l’esposizione al sole».
Le cure per la cheratosi attinica
A causa del suo potenziale di trasformarsi in carcinoma a cellule squamose invasivo, la cheratosi attinica richiede una diagnosi e gestione appropriate. I trattamenti oggi disponibili consistono in terapie fisiche, come ad esempio crioterapia, laserterapia e chirurgia, e terapie topiche quali fluorouracile, diclofenac e peeling chimico. «Quella che era ed è ancora la più utilizzata oggi è la crioterapia con azoto liquido, cioè l’applicazione del freddo che mira a distruggere ed eliminare le lesioni. – sottolinea Leone – Emergente ed efficace è invece la terapia fotodinamica che, attraverso una specifica luce solitamente di colore rosso, permette di prevenire la comparsa di altre lesioni, agendo anche su quelle non visibili, ma in cui la degenerazione cellulare è già presente».
Nonostante le numerose opzioni terapuetiche oggi disponibili, il trattamento della cheratosi attinica varia in base al grado, alla localizzazione e al numero delle lesioni. Come sottolinea il dottore, per quelle più superficiali e piccole «possono andar bene creme topiche ad azione antitumorale, mentre per quelle più grandi o numerose sicuramente è consigliabile il trattamento con crioterapia e terapia fotodinamica abbinate».
Lo studio
Una review pubblicata nel 2016 si è proposta di fornire ai dermatologi e ai medici una guida al trattamento dell’AK nella pratica clinica quotidiana per integrare le linee guida esistenti, includendo la differenziazione dei pazienti in base al fatto che abbiano lesioni sparse isolate, lesioni raggruppate in piccole aree o ampi campi interessati senza riferimento a numeri assoluti specifici di lesioni.
Riconoscendo che la rimozione completa della lesione è raramente raggiunta nella pratica della vita reale e che l’AK è una malattia cronica, gli obiettivi terapeutici suggeriti mirano a ridurre il numero di lesioni, ottenere il controllo della malattia a lungo termine e prevenire la progressione verso il carcinoma a cellule squamose invasivo. Secondo quanto riportato dalla ricerca, in ambito clinico i medici dovrebbero selezionare i trattamenti per l’AK in base alla disponibilità locale, alla presentazione e alle esigenze dei loro pazienti.
