La Vitiligine è una patologia dermatologica caratterizzata dalla presenza di chiazze bianche in specifiche regioni del corpo.
Viene spesso considerata un problema estetico più che una malattia, ma la frustrazione di chi ne soffre è tanta.
Ormai documentato è il legame tra vitiligine e il cosiddetto fenomeno di Koebner, la possibilità che le lesioni appaiano in seguito a traumi fisici o psicologici. È stata appurata anche una relazione tra vitiligine e altre malattie autoimmuni, tanto che circa il 30% dei pazienti soffre anche di tiroidite autoimmune.
La maggiore comprensione della patologia si accompagna a progressi nelle cure. «L’approccio standard è la fototerapia; si impiegano raggi ultravioletti UVB a banda stretta, che bloccano l’aggressione immunitaria ai melanociti e non perché abbronzano: infatti l’uso delle comuni lampade Uva abbronzanti è del tutto inefficace. La fototerapia viene effettuata 2-3 volte a settimana, in sedute di pochi minuti, per almeno 3-5 mesi. Se si ottiene una risposta positiva si può proseguire fino a 8 mesi 1 anno. Da alcuni anni sono stati sviluppati strumenti di fototerapia focalizzati che permettono di irradiare esclusivamente le aree non pigmentate, oppure si può usare una luce o un laser a eccimeri, che emette radiazioni a potenza maggiore rispetto alle lampade UV».
Recenti studi hanno evidenziato che l’uso di creme o gel immunomodulatori topici , da applicare sulle lesioni anche solo 2 volte alla settimana, può contribuire al mantenimento dell’effetto della fototerapia.
Nelle forme iniziali e particolarmente progressive è indicata una terapia cortisonica sistemica, talora anche solo durante il week end per 2-6 mesi. Nelle varianti più localizzate, invece, può bastare la sola applicazione locale di steroidi. E quando le chiazze si sono stabilizzate, si procede con la fototerapia. Infine, la somministrazione sistemica di antiossidanti può essere utile nella fase della stabilizzazione della malattia, per prevenire una ricomparsa e migliorare la risposta al trattamento fototerapico.
Infine c’è il trapianto, che consiste nel prelievo di un lembo molto sottile di pelle da un’area normalmente pigmentata, che viene ridotto in piccolissimi frammenti poi riapplicati sulle aree depigmentate. Dopo un breve periodo di medicazioni della zona, si effettua una fototerapia localizzata. «Con una corretta selezione dei pazienti e delle aree da trattare si ottengono buoni risultati in una significativa percentuale di casi.