
Sono centinaia le pubblicazioni autorevoli che testimoniano l’efficacia e la sicurezza della fototerapia per il trattamento dei soggetti affetti da psoriasi. I raggi UV hanno infatti un effetto antinfiammatorio, riducono la moltiplicazione delle cellule e l’attivazione del sistema immunitario, migliorando di conseguenza le lesioni cutanee tipiche della malattia e facilitando il miglioramento clinico. Solitamente la fototerapia è impiegata per trattare forme lievi di psoriasi che interessano circa un terzo del corpo e che non rispondono alle terapie topiche.
«Per fototerapia si intende quella con i raggi ultravioletti B a banda stretta, l’ultima evoluzione introdotta negli anni 80. – spiega il dermatologo Giovanni Leone – Questa metodica è in un certo senso il secondo step, il primo sono i farmaci topici, successivamente si passa alle terapie sistemiche più complesse tra cui i farmaci biologici, anche se almeno nel 60% dei casi di psoriasi diffusa con la fototerapia si possono ottenere ottimi risultati».
Le forme di psoriasi che reagiscono bene alla fototerapia
Diverse sono le forme di psoriasi che reagiscono positivamente alla fototerapia. «Ci sono casi di psoriasi con placche piuttosto spesse e resistenti a tutte le terapie, che si trovano in zone classiche del corpo come ad esempio gomiti, ginocchia, zona lombosacrale, dorso delle mani e cuoio capelluto. – specifica il dermatologo – In queste forme localizzate il trattamento più indicato è la fototerapia mirata ad alta energia, ovvero il laser ad eccimeri, che permette di avere un’alta intensità della radiazione ultravioletta B a banda stretta e di convogliarla specificamente su queste lesioni».
Nelle forme diffuse, con placche non troppo infiltrate e in zone visibili, è invece adatta la fototerapia convenzionale total body, che consiste in cabine avvolgenti simili a quelle di una doccia solare. «La fototerapia è sconsigliata invece nei casi di psoriasi eritrodermica, che coinvolge tutta la superficie corporea, oppure di psoriasi invertita, perché si rischierebbe di irritare ulteriormente la cute» precisa Leone.
Il protocollo di trattamento della psoriasi
Il protocollo di fototerapia per la psoriasi prevede 3 sedute a settimana in giorni alterni così da lasciare riposare la pelle prima di procedere alla seduta successiva. Generalmente si inizia con una minima dose di raggi UV, da aumentare progressivamente prolungando i tempi di esposizione sino ad un massimo di 6 minuti per ciascuna seduta.
I cicli di trattamento per la psoriasi variano da un minimo di due mesi a un massimo di tre. «Il dermatologo dopo circa un mese di terapia valuta se il risultato è soddisfacente. – precisa Leone – Quando inizia ad esserci un miglioramento si può anche ridurre il trattamento a 2 volte a settimana». Il ciclo può essere ripetuto 2 o 3 volte l’anno, preferendo come stagioni l’autunno, l’inverno e la primavera, perché in estate la maggior parte dei pazienti sfrutta, dove è possibile, l’esposizione ai raggi solari.
Gli effetti collaterali della fototerapia
Gli effetti collaterali possono manifestarsi al termine delle sedute o a distanza di tempo. Quelli a breve termine sono passeggeri e includono arrossamento della pelle, scottatura, eritema, secchezza e prurito. Gli effetti a lungo termine compaiono quando il trattamento viene protratto negli anni in modo incontrollato e sono rappresentati da foto-invecchiamento e carcinogenesi. «Fatta eccezione per i fototipi a rischio e per chi ha multipli nei displastici, il rischio di carcinogenesi post fototerapia è molto limitato. Ovviamente il trattamento deve sempre essere eseguito sotto stretto controllo medico e con le dovute precauzioni» conclude il dermatologo.